Il convegno nasce da un’iniziativa del Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (CAMNES) col fine di promuovere e valorizzare l’attività dei giovani archeologi italiani, i quali attraverso il lungo iter di studi che caratterizza il loro percorso di formazione contribuiscono ad accrescere il valore scientifico della disciplina. L’incontro è dunque inteso come un’occasione di condivisione e di confronto diretto circa le conquiste raggiunte in campo archeologico, possibilmente attraverso nuovi approcci e linee di ricerca.

Il convegno sarà anche una finestra aperta sulle nuove tecnologie e i nuovi approcci scientifici in campo archeologico, nel tentativo di individuare e sviluppare nuove sinergie interdisciplinari che interessino la ricerca e la fruizione del patrimonio archeologico.

Il convegno sarà infine l'occasione per riflettere in maniera propositiva sul "futuro nell'archeologia", anche e soprattutto alla luce dei recenti sviluppi in materia di formazione, università e ricerca. 


Cliccare sui link sottostanti:

>>PROGRAMMA del CONVEGNO


>>ABSTRACTS

 





Ecco i Vincitori delle due Borse di Studio
messe in palio da CAMNES
alla memoria del prof. P.E. Pecorella:



Per la miglior tesi di laurea (quadriennale/specialistica/magistrale):

- Lino Traini (Università di Roma "La Sapienza")

"LA LAVORAZIONE DELLA CALCE IN ETA' ROMANA. NUOVI DATI DALLE PENDICI NE DEL PALATINO"



Per la miglior tesi di dottorato/specializzazione:


- Daniele Aureli (Università di Siena)

"LO STUDIO TECNOLOGICO DELL’INSIEME LITICO DI SA PEDROSA PANTALLINU (SS): NUOVE PROSPETTIVE SUL PRIMO POPOLAMENTO DELLA SARDEGNA"




Indicazioni per la pubblicazione degli atti:

Il termine ultimo per la consegna del proprio contributo è fissato per LUNEDI' 5 SETTEMBRE

Le NORME REDAZIONALI sono scaricabili nella sezione download






 
 

 >> I CIRCOLARE - PDF


:: Allegato 1  PDF - DOC

:: Allegato 2 PDF - DOC



>> II CIRCOLARE - PDF
Nella II circolare sono fornite dall’organizzazione ulteriori informazioni sui luoghi del convegno, i mezzi di trasporto per raggiungere Tuscania, e le diverse possibilità di prenotazione, sistemazione e pernottamento durante il periodo di soggiorno.

 
>>III CIRCOLARE - PDF
Nella III terza circolare è fornito il programma completo dei 4 giorni del Convegno a Tuscania
(la III Circolare è identica al link >>Programma e al Download)



 


Informazioni Utili:


>>Come Arrivare e Dove Alloggiare a Tuscania PDF



Segreteria Convegno:

Lorenzo de' Medici - Tuscania
L.go della Rocca, 7
01017 Tuscania, Italia
Phone: +39 0761-445148
Fax: +39 0761-444814

E-Mail: convegnotuscania@camnes.org

 

:: Comitato Organizzatore


Dr. Mara Amodio, Ph.D
Università “Federico II” di Napoli, Cultrice di “Archeologia Classica e Archeologia e Antichità Provinciali Romane”. Specializzata al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma

Dr. Valeria D’Aquino, Ph.D
Collaboratrice della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

Dr. Helga Di Giuseppe, Ph.D
Associazione Internazionale di Archeologia Classica

Dr. Massimiliano Franci, Ph.D
Egittologo. Membro dell’Egypt Exploration Society e della Società Italiana di Storia delle Religioni

Dr. Stefano Giuntoli, Ph.D
Direttore degli scavi etruschi di Tuscania e dell’Accesa. Docente a contratto dell’Università di Firenze

Dr. Federica Gonzato, Ph.D
Missione Archeologica Italiana a Pyrgos-Mavrorachi (Cipro), CNR-ITABC.

Dr. Guido Guarducci
Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (CAMNES).

Dr. Vito Messina, Ph.D
Centro Scavi Torino, Co-Direttore della Missione congiunta Italo-Iraniana in Khuzistan (Iran)

Dr. Eleonora Pappalardo, Ph.D
Università degli Studi di Catania, Missione Archeologica di Priniàs (Creta)

Dr. Filomena Ranaldo, Ph.D Student
Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”, U.R. Ecologia Preistorica, Università degli Studi di Siena.

Dr. Stefano Valentini, Ph.D
Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (CAMNES). Docente a contratto dell’Università di Firenze. 

 

:: Pubblicazione Atti del Convegno
 
 

PROGRAMMA DEFINITIVO

Mercoledì 11 Maggio 2011

Sede dell’Istituto Internazionale Lorenzo de’ Medici/CAMNES

Largo della Rocca, 7

18.00 – 19.oo: Registrazione

Giovedi 12 Maggio 2011

Sede dell’Istituto Internazionale Lorenzo de’ Medici/CAMNES

Largo della Rocca, 7

08.30 – 09.30: Registrazione

Sala Conferenze ex-tempio di Santa Croce – Piazza del Comune ore 09.30

Saluti delle autorità e apertura del convegno: presiedono il dott. Guido Guarducci e il dott. Stefano Valentini (co-Direttori del CAMNES - Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies)

Intervengono:

- Sindaco di Tuscania - Massimo Natali

- Assessore alla Cultura della Provincia di Viterbo - Giuseppe Fraticelli

- dott. Nicola Laneri - IsIAO (Istituto Italiano per l’Africa e per l’Oriente), Direttore dello scavo archeologico di Hirbemerdon Tepe (Turchia), Comitato scientifico del CAMNES

ore 10.30 – 11.20

CONFERENZA DI APERTURA

Nicola LANERI: L'oggetto, il corpo e la mente: nuove prospettive nell'analisi della cultura materiale antica

11.20 - 11.40: Pausa caffè

I SESSIONE

Il contributo dell’Archeozoologia e dell’Antropologia Fisica nello studio dei rituali

11.40 - 12.00

Simona CANDIA, Alessia CONTINO, Lucilla D'ALESSANDRO - Università degli Studi del Salento, Lecce Il sacrificio animale: il contributo dell’archeozoologia alla ricostruzione dei contesti rituali

12.00 - 12.20

Rossana SCAVONE - Università degli Studi di Catania
Resti faunistici dall’area del Tempio D e del Foro di Grumentum: archeozoologia, economia e

cultura alimentare

12.20 - 12.40

Alessandra SPINA - Università degli Studi della Tuscia, Viterbo
Ferento (VT), tafonomia e usi funerari di una necropoli medievale

12.40 - 13.00

DISCUSSIONE

13.00 - 14.00: Pausa pranzo

II SESSIONE
Restauro, Conservazione e Valorizzazione dei beni culturali

14.00 - 14.20

Simona FEDI - Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Pratiche conservative sugli argenti del cd. "Tesoro del Menandro" del Museo Archeologico

Nazionale di Napoli

14.20 - 14.40

Andrea ARRIGHETTI - Università degli Studi dell’Aquila
Archeologia dell’Architettura e Rischio Sismico. Proposta di procedimento operativo per l’analisi archeologica del costruito storico

14.40 - 15.00

Lidia PUDDU - Università di Cagliari
Un contributo al censimento dei siti archeologici della Sardegna: il territorio comunale di Ortueri (Nu)

15.00 - 15.20

Vincenzo ZOPPI - Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Nuove ricerche in Sudan. Riflessioni metodologiche sull'uso di nuove tecnologie in archeologia e per la salvaguardia del patrimonio culturale

15.20 - 15.40

Massimiliano SECCI - Università degli Studi di Sassari
Il patrimonio culturale sommerso e il pubblico: il loro attuale rapporto e le potenzialità future

15.40 - 15.55

DISCUSSIONE

15.55 - 16.15: Pausa caffè

III SESSIONE
Nuovi metodi e tecnologie applicate all’archeologia – Archeologia del paesaggio

16.15 - 16.35

Alberto Maria POLLASTRINI - Università degli Studi di Torino
Studio preliminare sui proiettili di ballista rinvenuti sul sito di Nelson Island dalla Missione

Archaeologica Italiana ad Alessandria

16.35 - 16.55

Beatrice DE ROSA - Università degli Studi di Sassari
Le anfore Sant’Imbenia dal villaggio nuragico di Sant’Imbenia (Alghero, SS): archeometria e

tecnologia di produzione

16.55 - 17.15

Massimiliano DITTA, Sebastiano TUSA - Università di Bologna Ceppi d’ancora in piombo, un nuovo approccio al problema

17.15 - 17.35

Daniele AURELI - Università degli Studi di Siena, Antonio CONTARDI - Università degli Studi di Firenze, Valerio MODESTI - Università degli Studi di Siena

La preistoria nei monti della Tolfa: nuove ricerche e prospettive future

17.15 - 17.35

Alberto AGRESTI - Università degli Studi di Firenze
Il passaggio alla prima età del Ferro nella Toscana settentrionale. Continuità e discontinuità, alla

luce delle nuove acquisizioni 17.35 - 17.45

DISCUSSIONE

ore 17.45 – 18.45
CONFERENZA

Prof. Fulvio RICCI (Provincia di Viterbo): Il tracciato della Clodia oltre Tuscania

ore 19.30

Sede dell’Istituto Internazionale Lorenzo de’ Medici/CAMNES

Largo della Rocca, 7

APERITIVO DI BENVENUTO

Durante l’aperitivo l’Arch. Fausto FERRARA presenterà il progetto preliminare di musealizzazione della necropoli di Bosco della Riserva a Tuscania

Venerdì 13 Maggio 2011

Sala Conferenze ex-tempio di Santa Croce – Piazza del Comune IV SESSIONE

Nuovi metodi e tecnologie applicate all’archeologia – Archeologia del paesaggio

09.30 - 09.50

Chiara DI PIETRO - Università di Bologna
Le Masse di San Sisto – Pagliano: un nuovo approccio scientifico

09.50 - 10.10

Gianluca DE ROSA - Università degli Studi di Cassino
Una piattaforma Open GIS per l’analisi storico-archeologica della bassa valle del Liri

10.10 - 10.30

Flavia FRAUZEL - Università di Roma “La Sapienza”
Iscrizioni medievali e nuove tecnologie: il GIS epigrafico della Provincia di Roma (secc. VI-XII)

10.30 - 10.50.

Pierluigi GIROLDINI - Università degli Studi di Firenze
Tra la terra ed il mare: puntualizzazione sul paesaggio antico della pianura di Piombino.

10.50 - 11.00

DISCUSSIONE

11.00 - 11.20:

V SESSIONE Egittologia

11.20 - 11.40

Pausa caffè

Silvia ZAGO - Università degli Studi di Pisa
Il mito nell’Antico Egitto nel caso dei Testi delle Piramidi: nuovi approcci e metodologie

11.40 - 12.00

Rosanna MONTANARO - Università di Roma “La Sapienza”

Il faraone Shepseskaf: spunti per una nuova lettura del suo ruolo storico tra la IV e la V dinastia

12.00 - 12.20

Serena ESPOSITO - Università Paris IV - La Sorbonne
L’area del deserto occidentale egiziano: nuove prospettive di ricerca

12.20 - 12.40

Matteo LOMBARDI - Università di Ginevra
Il chiosco del re Nectanebo I a File: una ricostruzione dell’architrave attraverso alcuni blocchi

inediti
12.40 - 13.00

DISCUSSIONE

13.00 - 14.00: Pausa pranzo

VI SESSIONE
Archeologia del Vicino Oriente Antico e del Mediterraneo

14.00 - 14.20

Martina ZANON - Università Ca’ Foscari, Venezia
I colori nell’antica Mesopotamia. Un approccio archeologico

14.20 - 14.40

Viviana VASSAPOLLO - Università di Roma “La Sapienza”
La musica in Mesopotamia ed Egitto nel III millennio a.C.

14.40 - 15.00

Federico ZAINA - Università di Bologna
Il sondaggio Y a Kish: cronologia, stratigrafia e architettura

15.20 - 15.40

Alessia VENANZI - Università di Roma “La Sapienza”
I sigilli aramaici iscritti. Iconografia e onomastica

15.40 - 16.00

Irene VEZZANI - Università degli Studi di Firenze
La sfinge nella glittica anatolica pre-ittita fra reminescenze egiziane e tendenze artistiche locali

16.00 - 16.15

DISCUSSIONE

16.15 - 16.30: Pausa caffè

VII SESSIONE:

Archeologia Greca e della Magna Grecia

16.30 - 16.50

Cristina DI LORENZO - Università degli Studi di Catania
Coppe coloniali di VII-VI secolo a.C. dal Timpone Motta di Francavilla Marittima (CS). Scavi GIA

1992-2004

16.50 - 17.10

Andrea GENNARO - Università di Catania
La costruzione del quadro di riferimento della importazioni attiche figurate nella penisola

iberica

17.10 - 17.30

Barbara FERLITO - Università di Roma “La Sapienza”
La strumentazione del culto nel mondo greco: la documentazione letteraria e archeologica

17.30 - 17.50

Vanessa CHILLEMI - Università di Messina Soggetti di vita quotidiana?

17.50 - 18.00

DISCUSSIONE

ore 19.00

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI TUSCANIA

Largo Mario Moretti, 1
VISITA GUIDATA della dott.ssa Sara Costantini APERITIVO NEL CHIOSTRO DEL MUSEO

Sabato 14 Maggio 2011

Sala Conferenze ex-tempio di Santa Croce – Piazza del Comune VIII SESSIONE

Archeologia della Sardegna

09.00 - 09.20

Antonella UNALI - Università degli Studi di Sassari Ceramica arcaica da Sulky: il VII secolo a.C.

09.20 - 09.40

Giovanna FUNDONI - Università di Cordoba
I rapporti tra la Sardegna e la Penisola Iberica nei primi secoli del I millennio a.C.: un traffico di

vino sardo?

09.40 - 10.00

Simona FAEDDA - Università degli Studi di Sassari
Ceramiche a vernice nera dal villaggio del Nuraghe Santu Antine di Torralba e il riutilizzo

dell’area tra il IV e il I secolo a.C.

10.00 - 10.20

Florinda CORRIAS - Università degli Studi di Sassari
La ceramica a vernice nera. Nuovi dati da Olbia (Sardegna)

10.20 - 10.30

DISCUSSIONE

10.30 - 10.40:

IX SESSIONE: Etruscologia

10.40 - 11.00

Pausa caffè

Chiara BERNARDINI - Università degli Studi di Bari
Regolamentazione delle acque e sistemi di bonifica: il caso del Colle di S.Agata a Monte Mario

(Roma)

11.20 - 11.40

Rossana DI POCE - Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
I canopi chiusini, storia di un catalogo ragionato in epoca digitale

11.40 - 12.00

Silvia NENCETTI - Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (CAMNES)
Il bucchero nell’Etruria settentrionale interna: alcuni dati dal Chianti senese e fiorentino

12.40 - 13.00

Maria Antonia SERAFINI - Università degli Studi di Firenze Ceramica a vernice nera di Arezzo: il caso di piazza S. Jacopo

13.00 - 13.15

DISCUSSIONE

13.15 - 14.15: Pausa pranzo

X SESSIONE Archeologia Romana

14.15 - 14.35

Alessia CONTINO, Lucilla D'ALESSANDRO - Università degli studi del Salento, Lecce Le donne protagoniste della scena: testimonianze epigrafiche da Roma

14.35 - 14.55

Simona FORMOLA - Università di Napoli “L’Orientale” Ercolano prima della municipalizzazione

14.55 - 15.15

Patrizia SPECCHIO - Università degli Studi di Pisa
L'insula della Salita del Grillo all'interno dei Mercati di Traiano a Roma

15.15 - 15.35

Marilena SECHI - Università degli Studi di Sassari
La viabilità romana in Sardegna: un esempio di ricostruzione di un tratto della via a Tibulas

Caralis

15.35 - 15.55

Valeria CONGIATU - Università degli Studi Sassari Il rito del Refrigerium nella tarda antichità

15.55 - 16.15

DISCUSSIONE

16.15 - 16.30: Pausa caffè

XI SESSIONE:
Archeologia Cristiana e Medievale

16.30 - 16.50

Alessandro LUCIANO - Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
Cellae trichorae: evoluzione di un modello architettonico tra etá imperiale e altomedioevo

16.50 - 17.10

Placido Antonio SANGIORGIO - Università di Catania
Tracce ed evidenze del sacro. Per un bilancio sui primi edifici di culto a Catania

17.10 - 17.30

Giulio DEL BUONO - Università degli Studi “Roma Tre”
Una strategia preliminare all’utilizzo del c.d. “metodo regressivo” nei casi di ricostruzione di

paesaggi urbani di epoca medievale

17.30 - 17.50

Giuseppina SCHIRO’ - Università degli Studi di Messina

L’ecclesia agrigentina fra XI-XIII secolo: l’organizzazione ecclesiastica ed il suo riflesso sul territorio attraverso la documentazione scritta ed archeologica

17.50 - 18.10

DISCUSSIONE

ore 20.00

PALAZZO RANUCCI

Via della Torretta, 8 CENA DI CHIUSURA

Domenica 15 Maggio 2011

Sala Conferenze ex-tempio di Santa Croce – Piazza del Comune 09.30 – 10.15

CONFERENZA DI CHIUSURA

dott. Stefano GIUNTOLI (CAMNES, Università degli Studi di Firenze) Direttore degli scavi delle necropoli di Bosco della Riserva - Tuscania

La necropoli etrusca di Tuscania/Bosco della Riserva. Campagne di scavo 2005-2010: un primo bilancio

10.15 – 11.00 Sessione di chiusura

Discussione generale e comunicazioni riguardanti la norme redazionali per la pubblicazione degli Atti del Convegno

Proclamazione dei vincitori delle Borse di studio “PAOLO EMILIO PECORELLA”

Presiede la Prof.ssa Chiara Longo Pecorella del Comitato Scientifico del CAMNES

11.00 – 13.00
Visita guidata alla necropoli etrusco-ellenistica di Bosco della Riserva
 



ABSTRACTS

 

ALBERTO AGRESTI

Università degli Studi di Firenze

Il passaggio alla prima età del Ferro nella Toscana settentrionale. Continuità e discontinuità, alla luce delle nuove acquisizioni.
I ritrovamenti effettuati nella Toscana settentrionale negli ultimi decenni, stanno permettendo di colmare una lacuna storico-culturale che apparentemente sembrava caratterizzare questa parte di territorio. I dati oggi in nostro possesso, ancora non del tutto editi, permettono di comprenderne meglio le dinamiche sociali e culturali, soprattutto se osservati sia in rapporto alle ultime fasi del Bronzo Finale sia alla luce degli sviluppi successivi di età storica.

ANDREA ARRIGHETTI

Università degli Studi dell’Aquila

Archeologia dell’Architettura e Rischio Sismico.
Proposta di procedimento operativo per l’analisi archeologica del costruito storico.

Dopo il recente sisma che ha colpito l’Abruzzo nel 2009 e dopo la pubblicazione da parte del MIBAC in due edizioni (2006 e 2010) delle “Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale”, si è nuovamente aperto un dibattito fra i professionisti che lavorano nel campo del rischio sismico, in particolare ingegneri e architetti, in merito alla valutazione e alle procedure da applicare per la prevenzione e la messa in sicurezza degli edifici storici posti in aree soggette a terremoti. Sebbene l’archeologia risulti ancora una disciplina poco affermata in questo settore e ancora metodologicamente “giovane”, lo studio stratigrafico dell’elevato e l’analisi delle tecniche costruttive vengono considerati necessari da molti professionisti. Con l’intervento sarà quindi proposta una metodologia d’indagine dell’edificato storico medievale di un contesto affetto da numerosi terremoti (il Mugello, territorio composto da dieci comuni in provincia di Firenze), che prevederà l’interazione di strumenti derivati da discipline diverse (la geologia, la sismologia storica, l’ingegneria, l’architettura e l’archeologia), al fine di gettare le basi per un procedimento operativo archeologico in contesti a rischio sismico, cercando così di valorizzare la figura professionale dell’archeologo nel settore della prevenzione e tutela del patrimonio storico. Sarà infine sottolineata l’importanza di uno studio archeologico per il riconoscimento e la caratterizzazione delle “Culture Sismiche Locali”, ossia degli accorgimenti adottati nel corso del tempo dalle maestranze locali per la prevenzione o mitigazione dei danni da sisma nelle aree dove i terremoti storici risultano endemici.

DANIELE AURELI, ANTONIO CONTARDI, VALERIO MODESTI

Università degli Studi di Siena

La preistoria nei monti della Tolfa: nuove ricerche e prospettive future

L'interesse per la Preistoria dei Monti della Tolfa prende avvio all'inizio degli anni sessanta, anni a cui risalgono le prime segnalazioni di materiale litico proveniente dalla zona di Ripa Maiale. A partire da questi anni si registra un progressivo aumento di evidenze relative ad un possibile popolamento umano del territorio in esame durante il Paleolitico. Tali scoperte, costituite principalmente da raccolte di superficie condotte da gruppi archeologici e da collaboratori dei Musei civici della zona, non hanno negli anni ricevuto un'attenzione particolare da parte delle Università. Recentemente, nel 2008, si è inaugurato un progetto di ricerca promosso dal Museo Archeologico e Naturalistico A. Klitsche De La Grange di Allumiere in collaborazione con l'Università “La Sapienza” e la Soprintendenza ai Beni archeologici dell'Etruria Meridionale, che ha come obbiettivo quello di ristrutturare la ricerca preistorica sul territorio tentando di renderla sistematica e multidisciplinare, da una parte, fruibile e accessibile a tutti, dall'altra. Con la seguente comunicazione si intende esporre i risultati preliminari di queste ultime ricerche, proponendo una nuova sintesi sul popolamento paleolitico del territorio dei Monti della Tolfa e richiamando l'attenzione sull'importante potenziale scientifico che questa regione possiede in termini archeologici.

CHIARA BERNARDINI

Università degli Studi di Bari

Regolamentazione delle acque e sistemi di bonifica: il caso del Colle di S.Agata a Monte Mario (Roma).
Sul Colle di S. Agata, altura tufacea situata nella zona settentrionale di Roma, lavori edilizi hanno portato alla luce un insediamento di origine etrusca, il cui scavo archeologico è stato diretto da Innocenzo Dall’Osso fra il 1921 e il 1922 e pubblicato da Catia Caprino in NSc 1954. Lo studio, condotto dalla scrivente, sui materiali recuperati ha portato ad una nuova successione cronologica delle varie fasi abitative: dopo una prima fase Orientalizzante, cui sono riconducibili cinque tombe a camera, in età arcaica e classica si registrano due aree cemiteriali e una serie di fossati. Aperti in una fase successiva a quella delle tombe a camera di VII-inizi del VI sec. a. C., i fossati hanno restituito materiali ceramici di area etrusco-meridionale databili fra il VII e il IV sec. a. C., quando è da collocare la loro chiusura. Lo scavatore interpretò questi canali quali fondi di capanne di età villanoviana e Orientalizzante, mentre sembra più opportuna una loro lettura come opere di drenaggio sulla base delle indicazioni fornite dagli agronomi antichi e delle recenti indagini archeologiche in luoghi con analoghe condizioni geomorfologiche (v. Acquafredda, Acqua Acetosa Laurentina, Acerra, ecc.).

SIMONA CANDIA, ALESSIA CONTINO, LUCILLA D’ALESSANDRO

Università degli Studi del Salento - Lecce

Il sacrificio animale: il contributo dell’archeozoologia alla ricostruzione dei contesti rituali.
Per molti anni lo studio dei riti e dei sacrifici antichi si è attestato esclusivamente sull’analisi delle fonti letterarie e iconografiche, che talvolta non permettevano un’interpretazione esaustiva delle modalità sacrificali, della stagionalità dei sacrifici e della funzionalità spaziale dei luoghi di culto. Negli ultimi anni l’ “archeologia del culto” ha potuto però avvalersi di una disciplina rivelatasi estremamente utile per la ricostruzione dell’attività sacrificale: l’archeozoologia. Questa disciplina di recente ha infatti ampliato i suoi tradizionali campi di indagine: oltre ai processi di domesticazione e ricostruzione ambientale, cerca sempre più di contribuire alla ricostituzione degli scenari socio-economico-religiosi. In relazione alla presente ricerca si mostrerà, attraverso casi di studio provenienti dall’area culturale greca, italica ed orientale, come l’analisi archeozoologica può essere utile alla ricostruzione delle modalità rituali pertinenti al sacrificio. Essenzialmente essa può confermare, attraverso il dato materiale, quanto espresso dalle fonti e può, laddove il dato letterario ed iconografico sia carente, migliorare la comprensione. Può infatti confermare o estendere la conoscenza in relazione al legame tra specie animali e divinità, alle variazioni intercorrenti tra medesimi culti in ambiti geografici e culturali diversi, alle modalità sacrificali - che riguardano generalmente specie, sesso ed età degli animali sacrificati, nonchè trattamento del corpo - alla stagionalità dei sacrifici e alle relazioni spaziali e funzionali all’interno dei santuari.

VANESSA CHILLEMI

Università di Messina

Soggetti di vita quotidiana?

Oggetto di questa comunicazione è una singolare classe di fittili -modellati a mano e in tecnica mista - appartenenti all’importante complesso della stipe di Piazza San Francesco a Catania. Peculiare di questa classe si è rivelato il gruppo dei “soggetti di vita quotidiana” o “scene di genere”: terrecotte, concepite singole o in gruppo, in cui i personaggi sono impegnati in occupazioni di carattere quotidiano. Oltre che sulla particolare tecnica di produzione, l’attenzione è posta sul loro interesse iconografico e documentario, confermato dal confronto con gli aspetti più vari della vita materiale. È certamente forte la tentazione di considerare le rappresentazioni di queste figurine come immagini dirette della vita quotidiana, tuttavia la considerazione dei loro contesti di rinvenimento ha indotto a ipotesi differenti. Per comprendere il senso di queste rappresentazioni può essere utile, inoltre, l’osservazione del fatto che nella società greca molte azioni che apparentemente afferivano esclusivamente alla sfera domestica, avevano in realtà anche un valore rituale; in tal senso non è sempre facile individuare una linea di demarcazione fra la sfera religiosa e quella del quotidiano, e la questione del significato simbolico di questi oggetti può essere risolta, forse, solo alla luce del sistema cultuale di riferimento degli stessi.

VALERIA CONGIATU

Università degli Studi Sassari

Il rito del Refrigerium nella tarda antichità
Refrigerium è il termine tecnico con cui sono indicati i pasti funebri, celebrati dai parenti e dagli amici del defunto sulla tomba o presso di essa. Se ne trovano esempi nel Nord Africa, nella Penisola Iberica, a Malta e in Sardegna. Per la celebrazione dei banchetti funebri, quindi abbiamo una serie di spazi appositi, destinati ad un rito comunitario, attrezzati con mense, bancali, cisterne, pozzi, sistemi di canalizzazione per lo scolo dell’acqua, forni per la cottura dei cibi, a volte anche ambienti coperti; il tutto a testimonianza di quanto fosse importante e radicata questa consuetudine nel Mediterraneo. In questo contributo verranno analizzati alcuni esempi di questo rito, come le catacombe romane con mensae e sedie per il defunto e le tombe a "cupa" di Cornus.

ALESSIA CONTINO, LUCILLA D’ALESSANDRO

Università degli studi del Salento - Lecce

Le donne protagoniste della scena: testimonianze epigrafiche da Roma.

Il presente intervento nasce da uno studio che può inserirsi nella categoria della cosidetta “gender archaeology”, in particolare tratta dell’analisi del ruolo della donna nelle professioni teatrali antiche nel mondo romano. Tale studio è stato realizzato attraverso il confronto fra le notizie note dalle fonti storico-letterarie e le attestazioni epigrafiche, che evocano, attraverso il dato materiale, frammenti di vita personale. L’epigrafia urbana ha restituito numerose attestazioni, soprattutto di natura funeraria, pertinenti a protagonisti degli spettacoli teatrali. Le iscrizioni ci tramandano testimonianze relative ad atellani, comoedi, mimi, pantomimi ed emboliariae, ai quali si aggiungono un diurnus ed un parasitus Apollinis. Il ruolo delle donne, come si vedrà, era limitato solo ad alcune di queste specialità, sebbene in alcuni casi sussista il dubbio che si siano cimentate in diversi generi, tra cui anche quelli più impegnativi. La nostra ricerca, focalizzata sulle testimonianze epigrafiche provenienti da Roma, tenterà di illustrare, partendo dal dato materiale dell’iscrizione, il ruolo professionale, la posizione sociale e l’importanza delle donne che sceglievano il mestiere di attrici. Attraverso la rilettura delle testimonianze epigrafiche e del ruolo delle donne sarà possibile anche tracciare una visione generale del mestiere dell’attore nella società romana.

FLORINDA CORRIAS

Università degli Studi di Sassari

La ceramica a vernice nera. Nuovi dati da Olbia (Sardegna).

Il contributo proposto riguarda l’analisi e la catalogazione della ceramica a vernice nera di produzione attica, protocampana ed etrusco - laziale proveniente in gran parte da scavi di emergenza dell’ex mercato di Olbia. La maggioranza del materiale, in tutto un centinaio di frammenti diagnostici, proviene da scarichi conseguenti alle fasi di vita puniche databili dalla fine del IV al III secolo a.C. L’impostazione della ricerca assume un aspetto critico soprattutto in merito alle attribuzioni di provenienza di una particolare produzione ceramica, attica appunto, che nella seconda metà del IV secolo a.C. subisce un arresto di esportazioni nel Mediterraneo occidentale e viene sostituita nel continente italico da produzioni locali che inizialmente, dal punto di vista tipologico e tecnico, sono del tutto simili alla ceramica attica e per questo di difficile identificazione. Il contesto studiato è appunto lo specchio di questa particolare fase di transizione: ceramiche attiche, etrusco - laziali e protocampane, queste ultime due indizio di differenti rotte commerciali in cui si scorge l’affacciarsi di un nuovo protagonista, nel quadro complesso delle reti di scambio del Mediterraneo occidentale, Roma.

BERATRICE DE ROSA

Università degli Studi di Sassari

Le anfore Sant’Imbenia dal villaggio nuragico di Sant’Imbenia (Alghero, SS): archeometria e tecnologia di produzione.
In questo intervento sono presentati i risultati di analisi archeometriche realizzate su campioni di anfore Sant’Imbenia rinvenute negli scavi del villaggio nuragico di Sant’Imbenia, Alghero (SS), nelle campagne del 1990 e del 2008. Dopo lo studio archeologico di ottanta campioni, ne sono stati selezionati sei in base alle

caratteristiche sia archeologiche, sia archeometriche rilevate autopticamente. Successivamente i campioni sono stati studiati in laboratorio. Nella prima fase sono state realizzate analisi non distruttive: osservazioni allo stereomicroscopio 15 e 20X, osservazioni in luce U.V., colorimetria, seguite da quelle distruttive: osservazioni al microscopio petragrafico di sezioni sottili, analisi d’immagine su sezioni sottili, analisi chimiche FRX e mineralogiche DRX. Parallelamente è stato realizzato uno studio sui materiali argillosi rinvenuti nei pressi del villaggio, in un raggio di circa 10 Km, da analizzare e confrontare con i campioni archeologici. I risultati hanno permesso la divisione dei campioni in due gruppi; il primo, numericamente più rilevante, può essere considerato di produzione locale ed il secondo di probabile importazione. Oltre alla caratterizzazione delle materie prime argillose, è stata realizzata un’analisi tecnologica, per comprendere le diverse fasi della realizzazione dei campioni ed un’eventuale specializzazione nella loro produzione.

GIANLUCA DE ROSA

Università degli Studi di Cassino

Una piattaforma Open GIS per l’analisi storico-archeologica della bassa valle del Liri.
In questa sede viene presentato un progetto di ricerca per la realizzazione di una piattaforma GIS open source per la conoscenza e la ricostruzione in ambiente digitale del patrimonio culturale del Lazio meridionale. L’oggetto di tale applicazione è costituito dal patrimonio archeologico di un'area individuata nella bassa valle del Liri compresa fra Frosinone e Cassino, con particolare interesse per il sito di Fabrateria Nova (S. Giovanni Incarico). Obiettivo del progetto è la realizzazione di un’applicazione "aperta" che permetta la gestione di dati archeologici, sia in ambito territoriale che in un singolo contesto di scavo, e che consenta di sviluppare modelli esportabili e replicabili in qualsiasi ambiente operativo. Il progetto prevede di tradurre in documentazione fruibile da parte delle forze attive nel territorio l'attività di ricerca svolta presso l'Università di Cassino in merito ai beni archeologici del Lazio meridionale, con l’aspirazione di coniugare alla missione di conoscenza scientifica, propria di una struttura universitaria, anche una incisiva capacità di interazione con il territorio e con le azioni destinate alla tutela e valorizzazione del territorio stesso.

GIULIO DEL BUONO

Università degli Studi “Roma Tre”

Una strategia preliminare all’utilizzo del c.d. “metodo regressivo” nei casi di ricostruzione di paesaggi urbani di epoca medievale.
Scopo della relazione sarà di illustrare una strategia preliminare all'utilizzo del cd. "metodo regressivo" nei casi di ricostruzione di paesaggi urbani romani di epoca medievale. La strategia si pone come obiettivo primario la creazione di una solida maglia di riferimenti topografici costituita dalle chiese (non interessa il loro status) attraverso l'utilizzo integrato dell'intero sistema di fonti a disposizione. Principale ostacolo per raggiungere tale obiettivo sono, com'è noto, gli innumerevoli problemi connessi ai processi identificativi delle chiese medievali romane, sintetizzabili nella loro difficile localizzazione e nella complessa operazione di associare ad ognuna di esse i numerosissimi appellativi con i quali, nel corso del Medioevo, erano menzionate. Per superare queste difficoltà si propone un’analisi suddivisa in fasi: una prima che, riesaminando le conclusioni raggiunte dai più autorevoli studi, abbia la finalità di riempire una tabella nella quale sulla stessa riga siano posizionati tutti gli apellativi che, in ordine cronologico (ogni colonna rappresenta un documento), si sono succeduti per identificare la stessa chiesa. La seconda fase consiste nel collocare l suddette chiese su una pianta (il loro numero sarà sensibilmente inferiore rispetto a quello degli appellativi); in questo caso il risultato sarà sintetizzato da poche piante di fase. Tabella da una parte (sorta di "lessico datato" di appellativi di chiese medievali) e piante dall'altra (la maglia di riferimenti topografici), da redigere entrambi preliminarmente al lavoro di ricostruzione topografica, forniranno gli strumenti di supporto utili all'analisi dei documenti bassomedievali su cui il lavoro di ricostruzione stesso si basa per la gran parte.

CRISTINA DI LORENZO

Università degli Studi di Catania

Coppe coloniali di VII-VI secolo a.C. dal Timpone Motta di Francavilla Marittima

(Cs). Scavi GIA 1992-2004.
Lo studio della ceramica coloniale, in particolare delle coppe di tipo Thapsos, coppe a filetti e coppe d’imitazione ionica, rinvenuta negli Edifici Vc-Vd (720-620 a.C. c.ca) sull’acropoli del Timpone Motta durante gli scavi sistematici condotti dall’Istituto Archeologico di Groningen e coordinati dal Dr. Jacobsen, costituisce l’argomento di discussione di questo intervento. Il gruppo ceramico - fatta eccezione per esigui esemplari - è del tutto inedito e viene illustrato seguendo una sequenza tipologica e cronologica basata sulle caratteristiche morfologiche, stilistiche e sulle informazioni stratigrafiche pertinenti al contesto di rinvenimento. Attraverso l’analisi della distribuzione geografica, cronologica e tipologica si intende delineare il panorama relativo alla ceramica prodotta in ambito locale e alla diffusione dei vari tipi presso i siti più rilevanti di Magna Grecia e Sicilia, osservando anche le produzioni vascolari d’imitazione greca prodotte lungo la costa ionica tra la fine dell' VIII e gli inizi del VI sec. a.C. L’esame morfologico-funzionale di alcuni tipi è, inoltre, un fondamentale ausilio per la comprensione dello sviluppo tipologico connesso ai rituali praticati nel luogo di culto sul Timpone Motta tra la fine dell'VIII e gli inizi del VI secolo a.C.

CHIARA DI PIETRO

Università di Bologna

Le Masse di San Sisto – Pagliano: un nuovo approccio scientifico.

Il superamento del "fascino romantico" per le antiche rovine delle Masse di San Sisto - Pagliano nel viterbese, incomprensibili testimonianze di un glorioso passato ormai estinto, presuppone la pianificazione di una politica gestionale del territorio che coniughi lo studio scientifico alla valorizzazione. La diagnosi preventiva per una strategia di ricerca è imprescindibile da un'ampia e polifonica indagine delle fonti, orientata alla comprensione sincronica e diacronica del monumento e del paesaggio. L'approccio metodologico ideale, per un'archeologica carente di sostegni finanziari supportanti lo scavo e la conservazione, deve esprimersi in interventi non invasivi e diagnostici identificabili nella fotografia aerea, nel rilievo topo grafico con il GPS, il laser scanner, la stazione totale, nella fotogrammetria monoscopica e stereoscopica, nell'analisi stratigrafica delle strutture murarie, nel survey geofisico effettuato tramite il radar, la magnetometria e la geoelettrica, nella coordinazione dei dati mediante una piattaforma GIS. La strumentazione, seppur legata ad un investimento iniziale, abbisogna di modeste risorse gestionali. Le evidenze archeologiche delle Masse di San Sisto – Pagliano offrono, per le peculiarità storiche-architettoniche, topografiche-viarie e cartografiche, l'applicativo per un "protocollo" d'intervento non invasivo reso fruibile da un sistema informativo territoriale per la gestione e la diffusione dei dati, per lo sviluppo di iniziative culturali economiche ed occupazionali.

ROSSANA DI POCE

Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”

I canopi chiusini, storia di un catalogo ragionato in epoca digitale.

Dapprima nell’ambito della mia tesi di Laurea (2004) e successivamente attraverso l’acquisizione del titolo di Dottorato presso l’Università L’Orientale di Napoli (2009), la mia ricerca condotta con il prof. Bruno d’Agostino e la prof.ssa Patrizia Gastaldi, si è concentrata sulla costituzione di un catalogo digitale (mediante database) della classe canopica chiusina. La revisione del corpus documentario di tutti gli esemplari, compresi quelli dispersi nelle numerose collezioni estere, le nuove prospettive di ricerca in ambito chiusino (come la recente scoperta della necropoli di Tolle con i suoi 100 esemplari intatti) e le prospettive della diffusione in rete delle ricerche, ruotano attorno alla riclassificazione operata attraverso la costruzione di un catalogo ragionato digitale e la più ampia comprensione del fenomeno della restituzione simbolica antropomorfa, che a Chiusi trova la sua collocazione cronologica in ambito Orientalizzante. I canopi vengono definiti da grandi studiosi, come la più genuina ed autentica tra le opere d’arte etrusche; ma lungi dall’affrontare temi di comparazione qualitativa, la mia ricerca volge all’approccio, al senso e all’illustrazione dei risultati di 8 anni di ricerca e all’imminente pubblicazione della stessa.

MASSIMILIANO DITTA, SEBASTIANO TUSA

Università di Bologna

Ceppi d’ancora in piombo, un nuovo approccio al problema.

Gli studi sull'ancora antica con ceppo in piombo, strumento che ebbe la sua massima diffusione tra il III secolo a.C. e il II d.C. in tutto il bacino Mediterraneo, si sono concentrati sull’evoluzione della forma del ceppo, e sull’attribuzione di una cronologia fra le diverse sotto-tipologie del suddetto reperto, senza produrre dati concreti sulla loro funzionalità, e, spesso, sottovalutandone le caratteristiche tecnologiche. Con l'obiettivo di riaprire un dibattito su questo manufatto si è deciso di intraprendere un approccio di tipo statistico per studiarne gli attributi. Questo studio si è concentrato sui ceppi in piombo di tipo fisso conservati nella provincia di Trapani, provenienti quasi esclusivamente da recuperi sporadici. Sui dati raccolti, sia quantitativi che qualitativi, sono state condotte analisi statistiche sia elementari, quali analisi delle frequenze e analisi di correlazione, che multivariate, ovvero analisi discriminante: e cluster analysis. Il risultato ottenuto dall'uso di questo approccio alternativo è stata la delineazione di un’effettiva distinzione in sottogruppi all’'interno della stessa famiglia di manufatti estrapolabile sulla base degli attributi globali del ceppo. L’evidenziazione dell’esistenza di categorie permette di ipotizzare una sorta di volontà dell’antico marinaio di standardizzare gli attributi del ceppo d'ancora in piombo, in base all'uso e alle dimensione dell'imbarcazione.

SERENA ESPOSITO

Università Paris IV - La Sorbonne

L’area del deserto occidentale egiziano: nuove prospettive di ricerca.

Nell’ultimo ventennio l’incremento di indagini archeologiche nell’area desertica ad ovest del Nilo hanno contribuito ad ampliare sensibilmente gli orizzonti dell’egittologia. La straordinaria scoperta a Balat di uno dei più antichi insediamenti urbani dell’Antico Regno e il continuo emergere di importanti dati archeologici ed epigrafici impongono lo studio di una regione precedentemente trascurata dagli egittologi. Progressivamente si definiscono i tratti di un dominio egiziano volto allo sfruttamento economico e politico di questi territori. In effetti il controllo delle Oasi e delle principali vie carovaniere avrebbe permesso un accesso facilitato verso la Nubia e avrebbe favorito il transito di beni di lusso provenienti dall’entroterra africano. La scelta di intraprendere la pista desertica piuttosto che la via nilotica era strettamente legata a specifici episodi politici che avrebbero permesso di evitare zone e popoli instabili. Inoltre, a partire dal Medio Regno, la crescente influenza del regno di Kerma avrebbe permesso ai nubiani di interferire nelle relazioni commerciali egiziane con le terre del Sud. A difesa dei percorsi carovanieri, gli egiziani ricorsero dunque all’impiego di pattuglie specializzate e a reparti di mercenari (anche nubiani) la cui presenza è suggerita da iscrizioni rupestri oltre che da piccoli insediamenti urbani a scopo difensivo ritrovati ai margini dell’oasi di Dakhla.

SIMONA FAEDDA

Università degli Studi di Sassari

Ceramiche a vernice nera dal villaggio del Nuraghe Santu Antine di Torralba e il riutilizzo dell’area tra il IV e il I secolo a.C.
Questo lavoro intende proporre gli ultimi risultati dello studio sulle ceramiche a vernice nera rinvenute presso il villaggio del Nuraghe Santu Antine (Torralba) durante le campagne di scavo svoltesi nel 2003-2004. Lo studio non affronta solo il problema tipologico e cronologico dei materiali, ma si pone l’obiettivo di contestualizzarli nell’ambito di una generale trasformazione del sito e di una fase di frequentazione dell’area avvenuta in età storica. I materiali sono, dunque, considerati come gli indicatori principali di tale fase, insieme alle strutture rinvenute nell’ambito delle medesime campagne di scavo del 2003-2004. Si tenta, dunque, di comprendere le forme relative alla frequentazione, i risvolti delle trasformazioni del sito e chi siano i protagonisti che continuano a sfruttare questa porzione di territorio, rinnovandolo e rifunzionalizzandolo. Inoltre, lo studio si propone di indagare, anche se in via ancora preliminare, quale ruolo abbia svolto il Nuraghe nello spazio circostante e quali fossero le relazioni che hanno legato Santu Antine alle “vecchie” e alle “nuove” costruzioni realizzate tra il IV e il I secolo.

SIMONA FEDI

Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Pratiche conservative sugli argenti del cd. "Tesoro del Menandro" del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Il cd. “Tesoro del Menandro” da Pompei rappresenta la più grande testimonianza del ministerium (il servizio da tavola composto dall’ argentum potorium e dall’ argentum escarium) e del vasellame da toletta (argentum balneare) dei Romani. Centodiciotto esemplari d’argento, di straordinaria qualità e pregio, simbolo di una società che fa della tavola un mezzo di autorappresentazione e autocelebrazione, custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli che, recentemente, sono stati sottoposti ad un lavoro di manutenzione coordinato dal Restauratore Marina Vecchi, responsabile della sezione ‘Metalli’ del Laboratorio di Restauro del MANN, diretto dalla Dott.ssa Luigia Melillo. L’ analisi ad esame autoptico dei singoli argenti, accompagnata dai rilievi fotografici e dalla compilazione di schede manutentive e conservative, spinge ad approfondire le metodologie d’intervento conservativo sugli argenti del mondo romano. La fragilità del materiale costitutivo, associata alle tecniche di lavorazione antiche, e i fenomeni di deterioramento e alterazione degli oggetti richiedono interventi mirati alla manutenzione e conservazione degli stessi in ambienti musealizzati con “cronoprogrammi” dettagliati, operati da una équipe interdisciplinare (archeologi, restauratori e operatori del settore museale). Gli interventi permanenti e ricorrenti sono finalizzati alla salvaguardia e alla fruizione di reperti eccezionali, di notevole impatto e interesse culturale.

BARBARA FERLITO

Università di Roma “La Sapienza”

La strumentazione del culto nel mondo greco: la documentazione letteraria e archeologica.
Nell’antica società greca il sacrificio era un elemento fondante il rapporto tra gli dèi, gli uomini e le bestie in quanto realizzava una solidarietà sia tra gli uomini e gli dèi, sia tra gli uomini con conseguenze anche socio- economiche e politiche. Il sacrificio, insieme al mito e al rito, è un linguaggio composto da singoli elementi, gli strumenti, che, variamente combinati nello spazio sacro e nelle differenti festività, danno significati diversi. L’obiettivo di questo lavoro è di fornire ulteriori riflessioni attraverso l’analisi combinata del tema generale delle forme rituali greche e delle festività ateniesi e del tema specifico dei singoli strumenti esaminati seguendo un cammino immaginario dall’esterno all’interno del santuario. Sono riportati per ogni strumento esempi di scene sacrificali su vasi e rilievi. Un ulteriore approfondimento è dato dall’analisi dei rendiconti dei tesorieri di Atena del santuario sull’Acropoli, di due tesori di argenterie di probabile destinazione sacra e di alcune processioni sacre. La prospettiva di lavoro è ampia grazie alla possibilità di esaminare rendiconti o documentazioni diverse di altri santuari greci (per es. Olimpia e Brauron) e magnogreci (Torricella), oltre ai tesori (Tuch-el-Karamus) per riscontrare ulteriori analogie, somiglianze e differenze.

SIMONA FORMOLA

Università di Napoli “L’Orientale”

Ercolano prima della municipalizzazione.

Lo studio prende le mosse dalla constatazione che davvero poche sono le notizie relative al sito di Ercolano prima dell’avvento dei Romani. Gli studi, seppur numerosi, che si sono susseguiti a partire dalla fine del ‘700, si sono concentrati essenzialmente sull’impatto che la scoperta del sito ha avuto sull’immaginario collettivo, sulla storia degli scavi d’epoca borbonica realizzati attraverso i cunicoli e dell’epoca di Maiuri finalmente a cielo aperto con i conseguenti eccezionali lavori di restauro, nonché sulla Villa dei Papiri e la scoperta dei preziosi manoscritti in essa rinvenuti. In tempi recenti si è tentato uno studio mirato alla storia edilizia delle abitazioni, ponendo l’accento talvolta sul problema dell’impianto urbanistico della città, ma con esiti per nulla esaustivi riguardo alla questione delle dimensioni disuguali delle insulae, dell’andamento anomalo del decumano inferiore, del perché alcune abitazioni si sviluppano secondo un andamento est-ovest, e altre nord-sud, del perché in alcuni casi sembra che un asse centrale tagli longitudinalmente l’insula in due metà, mentre in altri sembra non esservi affatto, del perché talune abitazioni presentano uno sviluppo successivo anomalo dando vita a delle piante senza confronti. Un riesame completo degli scavi stratigrafici moderni, non adeguatamente pubblicati, può aiutarci a stabilire il momento oltre al quale non si può retrodatare l’impianto del sito, basandosi non già su astratte supposizioni, ma su dati reali e incontrovertibili. Il supporto di ricerche di natura geologica e orografica e il ricorso alle moderne tecnologie, quali il laser scanner e il georadar per rilievi topografici altamente precisi, nonché un approccio più fresco contribuiscono a gettare nuova luce alla questione.

FLAVIA FRAUZEL

Università di Roma “La Sapienza”

Iscrizioni medievali e nuove tecnologie: il GIS epigrafico della Provincia di Roma (secc. VI-XII).
Il contributo intende offrire una panoramica sul progetto (in progress) curato dalla scrivente nell’ambito degli insegnamenti di Epigrafia Medievale ed Archeologia Medievale della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici della “Sapienza” Università di Roma (proff. Letizia Ermini Pani – Francesca Romana Stasolla). Alla tradizionale analisi epigrafica si è deciso di associare la creazione di una piattaforma GIS per georeferenziare i ritrovamenti nonché disporre di un elementare database, indispensabile per avviare – in tempi rapidi – sia ricerche mirate (formulari, diffusione delle tipologie) che di ampio respiro (circolazione dei cartoni, livello di alfabetizzazione), chiaramente finalizzate ad un successivo approfondimento a livello bibliografico. Si noti che sull’epigrafia medievale grava l’assenza di una banca dati online istituzionale, della quale già dispongono, invece, gli epigrafisti classici (EDR) e cristiani (EDB). Nell’impianto del GIS si è scelto di utilizzare il programma open source QGis e cartografia scaricabile dal PCN (Portale Cartografico Nazionale), così da rendere l’applicazione potenzialmente alla portata dei PC di qualsiasi studioso o studente interessato a contribuire all’opera di schedatura e immissione dei dati nel sistema (previo accordo sui criteri standard da impiegare). Limiti e prospettive del progetto, di cui si presenterà una demo version, saranno sintetizzati nel corso della breve relazione.

GIOVANNA FUNDONI

Università di Cordoba

I rapporti tra la Sardegna e la Penisola Iberica nei primi secoli del I millennio a.C.: un traffico di vino sardo?
I recenti ritrovamenti di ceramiche sarde nuragiche in diverse località della costa meridionale della Spagna testimoniano l’esistenza di rapporti tra la Sardegna e la Penisola Iberica nei primi secoli del del I millennio a.C. Si tratta di vasi di diverso tipo, soprattutto forme chiuse, talvolta decorati, ma non di pregio tale da identificarli come beni di scambio in sé. Dall’analisi tipologica e stilistica pare più opportuno, infatti, considerarli in vista del loro antico contenuto: beni di natura deperibile dei quali non rimane traccia evidente. Questi beni dovevano essere ciò che dalla Sardegna arrivava, direttamente o indirettamente, come oggetto di scambio alle comunità del Sud della Penisola Iberica. I confronti con altri materiali nuragici simili, sia in Sardegna che fuori dall’isola, e lo studio delle associazioni di vasi portano a pensare che contenessero liquidi, forse una bevanda, con molta probabilità vino. Questi traffici si inseriscono in una rete di relazioni che interessarono le due aree in questione tra la fine del II e i primi secoli del I millennio a.C., come testimonia anche la presenza di manufatti bronzei di provenienza o imitazione iberica in Sardegna.

ANDREA GENNARO

Università di Catania

La costruzione del quadro di riferimento della importazioni attiche figurate nella penisola iberica
La presenza di ceramica attica figurata rappresenta ormai una costante sia nei contesti funerari del mondo iberico che nello scavo dell’unica colonia greca, Ampurias. La mole di materiali attici rinvenuti necessita, a questo punto, di un lavoro preliminare d’inquadramento; prendendo spunto dal corpus iberico identificato da Beazley e sulla base dei nuovi filoni di ricerca sviluppatisi in seguito, la ceramica attica è stata inquadrata, per prima cosa, in macro-regioni individuate per la penisola iberica; successivamente si è passati all’analisi delle forme vascolari importate e dei soggetti iconografici, al fine di valutare, soprattutto, l’esistenza dei c.d. import- export models. Lo studio dei ceramografi attestati in Spagna e Portogallo ha, inoltre, permesso la ricostruzione delle possibili rotte commerciali che congiungevano il Ceramico ateniese al lontano mondo occidentale, e anche la valutazione, per ogni venticinquennio, del trend distributivo. Questa metodologia, applicata già con successo per altre regioni del Mediterraneo, ha così reso possibile la creazione del “quadro di riferimento” delle

importazioni attiche per la penisola iberica, utile strumento con il quale confrontarsi per il necessario aggiornamento delle liste Beazley.

PIERLUIGI GIROLDINI

Università degli Studi di Firenze

Tra la terra ed il mare: puntualizzazione sul paesaggio antico della pianura di Piombino.
L'area collocata ad Est del promontorio di Piombino è stata interessata per millenni da un ampio specchio lagunare, sottoposto a partire dagli inizi dell'Ottocento, a radicali operazioni di bonifica che hanno drasticamente modificato il paesaggio. Elemento chiave per la ricostruzione dell'antico paesaggio lagunare è stato lo studio dei siti della pianura di Piombino, condotto nell'ambito della mia ricerca di dottorato e riguardante i materiali rinvenuti nel corso delle indagini topografiche operate dall'Associazione Archeologica Piombinese negli ultimi trenta anni, rimaste fino ad ora inedite. L'utilizzo di una piattaforma GIS ha consentito di applicare un approccio interdisciplinare, che ha consentito di mettere in relazione i dati archeologici e topografici ottenuti con i risultati di indagini geofisiche condotte in anni recenti e con i dati desunti dalla cartografia storica e dalle fonti antiche. L'ipotesi di ricostruzione del paesaggio così ottenuta ha permesso una migliore contestualizzazione dei siti rinvenuti nell'ambiente naturale antico ed una lettura più chiara delle dinamiche insediative di età etrusca romana.

MATTEO LOMBARDI

Università di Ginevra

Il chiosco del re Nectanebo I a File: una ricostruzione dell’architrave attraverso alcuni blocchi inediti.
Presentazione di alcuni blocchi inediti (ri)scoperti durante lo studio del chiosco di Nectanebo I a File, effettuato tra il 2006-2007. La ricognizione epigrafica di questi blocchi ha permesso di riconoscerli come appartenenti alle strutture di questo edificio, in particolare ad una parte dell’architrave fino ad oggi considerata perduta. Essi possono essere messi in relazione ad altri blocchi scoperti negli anni ‘70 durante lo smontaggio del secondo pilone del tempio tolemaico di Iside. L’analisi architettonica ed epigrafica di questi elementi architettonici consente di ricostruire parzialmente i lati nord ed est dell’architrave dell’edificio e di meglio valorizzarne i testi, nel quadro della storia del santuario filense: essi contengono infatti il più antico esemplare di Inno isiaco fino ad oggi noto, che costituì un archetipo cui attinsero i sacerdoti per comporre gli inni filensi di epoca tolemaica e che arrivò ad essere ricalcato, secoli dopo, nel tempio di Mussawarat es-Sufra, in Nubia. Questa scoperta offre inoltre l’opportunità di proporre un più accurato studio architettonico e un nuovo progetto di restauro di questo edificio che ne valorizzi l’importanza, rendendolo meglio fruibile alla comunità scientifica e ai molti visitatori che ogni anno approdano all’isola di File per godere del suo enorme patrimonio archeologico.

ALESSANDRO LUCIANO

Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli

Cellae trichorae: evoluzione di un modello architettonico tra etá imperiale e altomedioevo.
A partire dall’età imperiale, le fonti attestano l’esistenza di tricoria in residenze d’alto rango. L’impiego di tricore esulava dagli ambiti esclusivamente civili e, dal II secolo, fu collegato a contesti funerari. Il modello fu poi utilizzato per edificare, in età adrianea, ninfei e, a partire dal IV, ambienti di ricevimento (triclini). L’associazione con aule basilicali induce a ritenere che i due spazi costituissero tappe separate di un vero e proprio cerimoniale. Triconche erano anche sale termali e ambienti di ricevimento in contesti palaziali tardoantichi. Contestualmente, il modulo architettonico fu recepito in ambito cristiano. Le cellae trichorae contenevano reliquie e costituivano, quindi, martyria e trovarono diffusione in tutto il Mediterraneo. L’apprezzamento per questa forma fu determinata da fattori concomitanti, primo fra tutti il forte simbolismo che la connotava (ricordava il concetto trinitario e alludeva alla croce). L’impostazione centrale ne rese possibile l’impiego anche in contesti battesimali. A partire dal V, si sperimentarono soluzioni nuove, con tricore inglobate in basiliche di cui costituivano il

presbiterio (primo esempio, Basilica Nova a Cimitile). Nell’Altomedioevo, presbiteri trilobati si diffondono in tutto il mondo mediterraneo, soprattutto in ambito bizantino; spesso conservano ancora la funzione martiriale. Nei monasteri carolingi, cappelle triconche erano dislocate presso i cimiteri e contenevano reliquie. Nell’XI secolo la ripresa del modello fu dovuta all’attenzione rivolta al culto dei morti dai monaci cluniacensi. Tra VIII e IX, anche i palazzi delle principali autorità dell’epoca si munirono di uno spazio triconco, interpretabile, talvolta, come sala del trono.

ROSANNA MONTANARO

Università di Roma “La Sapienza”

Il faraone Shepseskaf: spunti per una nuova lettura del suo ruolo storico tra la IV e la V dinastia.
L'ultimo sovrano della IV dinastia e figlio di Micerino, il faraone Shepseskaf (2511 - 2506 c.), da parte della storiografia che segue la scoperta della sua tomba, avvenuta all'inizio del XX secolo da parte di Jequier, è considerato un sovrano che interrompe la tradizione religiosa e funeraria dei suoi predecessori per diversi elementi che caratterizzano il suo breve regno: trasferisce il sito di sepoltura da Giza a Saqqara Sud; costruisce una mastaba (la Mastabat el Faraun) anziché una piramide; nel suo nome manca l'elemento teoforo Ra. Un'attenta analisi degli scarsi documenti archeologici e testuali riferibili alla figura di questo sovrano, ed in particolare al suo monumento funerario, mostrano, invece, come egli non si ponga in contrapposizione con il culto solare di Ra. Sia l'architettura interna della mastaba, che si ritroverà in forme non dissimili nelle tombe dei faraoni della V dinastia, che il determinativo usato per indicare il nome originario della Mastabat indicano come il monumento e quindi anche la politica religiosa di Shepseskf si configuri, invece, in perfetta continuità con il culto solare che inizia a prender sempre più piede con la IV dinastia e domina totalmente la V e VI dinastia.

SILVIA NENCETTI

Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (CAMNES)

Il bucchero nell’Etruria settentrionale interna: alcuni dati dal Chianti senese e fiorentino.
Obiettivo di questo lavoro (Tesi di Laurea Specialistica presso l’Università degli Studi di Firenze; relatore Prof. G. Camporeale) è la realizzazione del catalogo completo dei buccheri del Museo Archeologico del Chianti Senese a Castellina in Chianti, quasi tutti inediti.

E' stato scelto uno studio per classe; gli esemplari, diversi per datazione (dalla fine del VII al V secolo a.C.) e provenienza (Impruneta, Poggio la Croce, Radda in Chianti, Gaiole in Chianti, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga), sono in primo luogo accomunati dall'essere in deposito in una stessa struttura. Nonostante ciò, questi buccheri si prestano bene ad una analisi unitaria perché provengono tutti dai monti del Chianti, coerentemente con le intenzioni costitutive del Museo. Sono quindi adatti a delineare alcune caratteristiche con le quali questa classe ceramica è attestata nella regione.

ALBERTO MARIA POLLASTRINI

Università degli Studi di Torino

Studio preliminare sui proiettili di ballista rinvenuti sul sito di Nelson Island dalla Missione Archaeologica Italiana ad Alessandria.
L'eccezionale ritrovamento di proiettili di ballista di età ellenistica sul sito dell'Isola di Nelson da parte della Missione Archeologica Italiana ad Alessandria (alla quale ho preso parte negli anni 2008 e 2009), offre l'opportunità di arricchire le frammentarie conoscenze sulla poliorcetica del mondo antico. L'analisi dei proiettili, messi in relazione con gli arsenali coevi rinvenuti in area mediterranea, fornisce utili informazioni sul tipo di macchina d'assedio che poteva utilizzarli. Grazie alle indicazioni degli autori antichi e ai moderni softwares è stato possibile ricostruire un modello virtuale della "ballista dell'Isola di Nelson". I risultati

ottenuti costituiscono il presupposto per un futuro progetto di archeologia sperimentale, inerente la realizzazione di una ballista a torsione, che sia in grado di lanciare proiettili dello stesso tipo e peso di quelli provenienti dall'Isola di Nelson.

LIDIA PUDDU

Università di Cagliari

Un contributo al censimento dei siti archeologici della Sardegna: il territorio comunale di Ortueri (Nu).
L'articolo offre un apporto alla carta archeologica della Sardegna con l'indagine territoriale di un’area dell'isola, il territorio comunale di Ortueri, in provincia di Nuoro, poco noto alla letteratura archeologica. Il territorio viene abitato fin da epoche remote come attestano diverse aree di dispersione di ossidiana, ciò che resta di villaggi neolitici. Sono maggiori le informazioni sul periodo nuragico, che si sviluppa in Sardegna durante l'età dal Bronzo (1600-900 a.C.), nel quale nell'isola vengono realizzati migliaia di monumenti (nuraghi, villaggi, tombe e templi) il cui numero è soggetto a continui aggiornamenti, dati dal progresso delle ricerche. Nel territorio di Ortueri, in 39 kmq, sono stati individuati 18 siti di età nuragica tra cui 8 nuraghi e 2 tombe di gigante. I nuraghi, posizionati sul medio versante o sulla sommità delle colline che caratterizzano il paesaggio ortuerese, appartengono alle due tipologie note (a corridoio e a tholos) e in, 2 casi, hanno una struttura complessa con almeno una torre addizionata a quella principale più antica. L' indagine territoriale, con la documentazione grafica e fotografica dei siti, ha permesso di comprendere le modalità di occupazione del territorio dalla preistoria all’altomedioevo e di fornire la base per la tutela e valorizzazione di importanti testimonianze identitarie.

PLACIDO ANTONIO SANGIORGIO

Università di Catania

Tracce ed evidenze del sacro. Per un bilancio sui primi edifici di culto a Catania.
Gli studi di Archeologia cristiana a Catania rivelano, tutt’oggi, una lacunosità di indagini e ricerche sistematiche. Eppure i fortunati rinvenimenti degli anni’50, noti alla letteratura scientifica per gli scritti di G. Rizza, danno l’idea di una comunità tutt’altro che esigua e periferica, in grado di sviluppare una maturità artistica che la mette in diretta relazione con i centri più noti del cristianesimo e con le maestranze più evolute del mondo tardoantico. Tale è il caso del mosaico della basilica cemeteriale paleocristiana. Ma la città dei martiri Agata ed Euplo, alcuni anni fa, ha restituito tracce di un primitivo edificio di culto proprio sotto l’attuale chiesa di sant’Agata la vetere, in cui si è anche ipotizzato un corridoio sotterraneo con gli altri luoghi di culto agatini. In questa sede si analizzerà lo stato degli studi con particolare riferimento alla lettura iconografica e ai rinvenimenti epigrafici fin’ora noti.

ROSSANA SCAVONE

Università degli Studi di Catania

Resti faunistici dall’area del Tempio D e del Foro di Grumentum: archeozoologia, economia e cultura alimentare.
Lo studio archeozoologico dei reperti faunistici risulta ormai imprescindibile in una valida ricerca archeologica che miri, tramite l’analisi di tutte le categorie di materiali rinvenuti, a una comprensione più completa della vita dell’uomo antico e dell’ambiente in cui viveva. L’analisi dei resti animali provenienti dall’area del Tempio D e del Foro di Grumentum ha permesso di approfondire la conoscenza delle aree indagate facendo luce su alcuni aspetti riguardanti la vita materiale ed economica dell’antica città romana. L’analisi è stata condotta sui resti faunistici recuperati durante le campagne di scavo 2005-2009. E’ stato possibile osservare, entro un arco temporale che va dalla metà del II secolo a.C. alla metà del V secolo d.C., il cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione, legato a mutamenti politici, economici e culturali e segnato dal graduale aumento del consumo di carne.

GIUSEPPINA SCHIRO’

Università degli Studi di Messina

L’ecclesia agrigentina fra XI-XIII secolo: l’organizzazione ecclesiastica ed il suo riflesso sul territorio attraverso la documentazione scritta ed archeologica. L’intervento sviluppa il tentativo di ricomporre le linee territoriali della rifondazione della diocesi di Agrigento ad opera dei Normanni, all’indomani della dominazione araba, descritta con dovizia di particolari dal diploma di Ruggero I nel 1093. Una simile operazione implica, necessariamente, una riflessione sulle dinamiche dell’habitat medievale siciliano, funzionali alla stessa strutturazione fisica del raggio di azione su cui il vescovo esercita il suo potere giurisdizionale. Il diploma ruggeriano ed i documenti del Libellus de successione Pontificum (1240 ca.) scattano un fotogramma vivido della circoscrizione ecclesiastica agrigentina, punteggiata da plura casalia, parochias per civitates et castella, hospitalia, distribuiti lungo le direttrici viarie che attraversano il territorio e, allo stesso tempo, ne descrivono le problematiche reali. In tal senso, il sinergico dialogo fra la documentazione scritta ed i dati che provengono dalla ricerca toponomastico-archeologica, condotta negli ultimi decenni nel territorio, offre la possibilità di dare contezza tangibile alla distribuzione insediativa della chiesa di Agrigento. Ciò, però, non garantisce un’esatta conoscenza dei limiti di pertinenza della diocesi, su di essa grava la fluidità di una geografia ecclesiastico-amministrativa di cui spesso non è facile comprendere i parametri di ripartizione interna.

MASSIMILIANO SECCI

Università degli Studi di Sassari

Il patrimonio culturale sommerso e il pubblico: il loro attuale rapporto e le potenzialità future.
Il presente contributo risulta da una fase propedeutica di ricerca mirata allo studio strategico di attività volte alla valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale sommerso, prodotta grazie all'Assegno di Ricerca del Dipartimento di Storia, Facoltà di Lettere, Università degli Studi di Sassari, finanziato con fondi derivanti dal Programma 'Master&Back" della Regione Autonoma della Sardegna, e intrapresa da chi scrive a partire da settembre 2010. Nella disciplina di gestione del patrimonio sommerso, la tutela è complicata dalla difficoltà di predisporre un sistema di sorveglianza e di accertamento degli illeciti che possa risultare diffuso ed efficace. Negli ultimi decenni si è sviluppata, ai fini della tutela, una particolare attenzione per le attività di educazione e sensibilizzazione mirate al supporto e all’integrazione della tutela canonica (legislazione e rispettive sanzioni). Questo contributo desidera fornire alcuni fondamenti etici, deontologici e finanche teorici che comprovino la valenza ed efficacia dell'educazione e sensibilizzazione quali strumenti, di efficacia diffusa e reale, per la tutela del patrimonio culturale sommerso. Si intende infatti sostenere che la sensibilità pubblica produce una tutela efficace, poiché diffusa nel territorio e nel tessuto sociale, e che educazione e sensibilizzazione rispondono ad uno dei fondamenti, oserei dire, filosofici della disciplina del patrimonio culturale: la compartecipazione pubblica. A garanzia e comprova di questi presupposti verranno presentati esempi chiarificatori riferibili a esperienze prodotte internazionalmente in questo campo.

MARILENA SECHI

Università degli Studi di Sassari

La viabilità romana in Sardegna: un esempio di ricostruzione di un tratto della via a Tibulas Caralis.
Il contributo vuole presentare alcuni risultati della ricerca in corso sulla viabilità romana della Sardegna che ha interessato una sezione della via a Tibulas Caralis citata nell'Itinerarium Antonini, nel tratto tra le mansiones di Hafa e Molaria. La via a Tibulas Caralis è la strada centrale della Sardegna, che in gran parte doveva seguire il tracciato della via a Karalibus Turrem conosciuta dai miliari, collegando l'isola da nord a sud. Il tratto tra Hafa e Molaria ha rappresentato un punto cruciale della viabilità sarda: tra le due mansiones doveva essere infatti localizzata la diramazione della via a Karalibus Olbiam dalla via a Karalibus Turrem. Il tema è uno dei più problematici della viabilità romana in Sardegna: sia la posizione di Hafa sia la localizzazione della diramazione non trova concordi gli studiosi e sul tema si è aperto un vivace dibattito storiografico. Lo studio intende portare un esempio di ricostruzione di un tratto viario antico applicabile in un qualsiasi contesto storico ed ambientale attraverso l'utilizzo di metodologie proprie dell'archeologia dei paesaggi, quali: l'indagine diretta nel terreno, l'utilizzo di fonti cartografiche, di fotografie aeree e di strumenti GPS per la georeferenziazione dei dati e di

software GIS per l'elaborazione e l'analisi.

MARIA ANTONIA SERAFINI

Università degli Studi di Firenze

Ceramica a vernice nera di Arezzo: il caso di piazza S. Jacopo.

Lo scarico urbano localizzato ad Arezzo al di sotto dell'attuale piazza S. Jaeopo, nonostante la penuria di pubblicazioni, costituisce un interessante caso di studio per quanto concerne alcune classi di materiali di produzione aretina: tra queste la ceramica a vernice nera. Lo scavo di emergenza, compiuto negli anni '60 del secolo scorso, ha portato alla luce una grande quantità di ceramiche, in maggior parte frammentarie, che offrono una "panoramica" piuttosto ampia delle produzioni aretine tra fine IV e prima metà del I sec. a.C.; l'analisi dei materiali ha permesso di notare l'ampia varietà di forme, dalle più comuni ad altre piuttosto rare, caratteristiche tecniche e, per gli esemplari più recenti, una sorta di anticipazione delle ceramiche pre-sigillate e sigillate, che si inquadra perfettamente nell'ambito del processo di romanizzazione.

PATRIZIA SPECCHIO

Università degli Studi di Pisa

L'insula della Salita del Grillo all'interno dei Mercati di Traiano a Roma.
L'insula della Salita del Grillo presenta una complessa stratificazione muraria e si sviluppa principalmente su due livelli. I dati presentati in questa sede sono ricavati dal lavoro del primo anno di dottorato ed includono quelli della tesi magistrale incentrata sul fronte a tabernae. Il sito è per lo più inedito. La prima fase è documentata da fondazioni in opera quadrata interpretate come abitato arcaico. In epoca repubblicana avvennero ingenti sbancamenti e vennero edificate strutture sostruttive, tra cui un grande ninfeo; inoltre vennero costruite alcune strutture in conglomerato che sembrano seguire l'orientamento delle fondazioni arcaiche; il complesso arcaico potrebbe aver subito in questa fase una ristrutturazione. Nel I sec. d.C. le strutture repubblicane vennero dismesse ed in parte riutilizzate da una domus in laterizio di cui rimangono al livello inferiore cinque vani e al livello superiore due vani affrescati ed alcune fondazioni. In età traianea la domus di I secolo venne in parte ristrutturata ed in parte distrutta dalla costruzione di due volte per il sostegno di una terrazza che concludeva il percorso di via della Torre. In epoca tardoantica al livello inferiore si registra un avanzamento del fronte verso la strada con la costruzione di sei tabernae. Successivamente in una taberna si installano due fornaci per vasellame leggero.

ALESSANDRA SPINA

Università degli Studi della Tuscia - Viterbo

Ferento (VT), tafonomia e usi funerari di una necropoli medievale.

Durante gli scavi condotti dall'Università degli Studi della Tuscia nel sito di Ferento (VT) a partire dal 1994 e tuttora in corso, in ben quattro settori di scavo sono state individuate sepolture, anche se finora l'unica grande necropoli medievale è stata individuata nell'area di scavo situata all'estremità occidentale del pianoro (Saggio II), che ha restituito i resti scheletrici di 194 individui, inumati nelle vicinanze di un ambiente quadrangolare. L'indagine tafonomica applicata al sito in esame ha permesso di avanzare diverse ipotesi relative agli usi funerari di età medievale, evidenziando alcune differenze tra le inumazioni di subadulti e di adulti, oltre ad alcune evoluzioni delle tipologie sepolcrali. Inoltre l'applicazione del metodo proposto da Bocquet-Appel e Naji ha evidenziato alcune discrepanze nella composizione del campione demografico, legate alla scarsa attestazione di sepolture infantili: questo dato permette di ipotizzare la presenza di altre sepolcrali destinate ai soli subadulti morti durante il primo anno di vita, come dimostrato anche dalle sepolture infantili individuate negli altri settori di scavo, che confermano la consuetudine, tipicamente medievale, di escludere i neonati dalla necropoli principale, seppellendoli o all'interno delle abitazioni o in aree destinate esclusivamente a infanti, collocate per lo più all'interno di edifici abbandonati o parzialmente crollati.

ANTONELLA UNALI

Università degli Studi di Sassari

Ceramica arcaica da Sulky: il VII secolo a.C.
Il sito fenicio di Sulky, l’odierna Sant’Antioco (CI), rappresenta allo stato attuale delle ricerche, la più antica città fenicia di Sardegna, con una datazione della sua fondazione tra 780-760 a.C. Si presenterà in questa sede una selezione di materiali arcaici, afferenti in massima parte al VII secolo a.C., rinvenuti negli scavi tra il 2008 e il 2010 all’interno di un vano denominato II G, nel sito del Cronicario di Sant’Antioco. Questo contributo vuole porre l’accento su un particolare periodo storico, attualmente poco conosciuto per la storia fenicia di Sardegna, attraverso lo studio della cultura materiale, che dimostra la vitalità del centro da sempre crocevia delle rotte mediterranee. La diversità e l’eterogeneità dei materiali rinvenuti nei recentissimi scavi stratigrafici, può far riflettere sulla complessità e l’organizzazione sociale in un insediamento come quello di Sulky di così antica fondazione. Le più rappresentative ceramiche fenicie in red-slip, sono infatti associate alle più tipiche forme ceramiche indigene per la preparazione e la cottura dei cibi, come alle coppe di importazione dai mercati mediterranei, sintomo di una commistione di culture che permise alla città di Sulky il mantenimento della sua floridezza oltre che nel il periodo fenicio, anche in quello punico e romano.

VIVIANA VASSAPOLLO

Università di Roma “La Sapienza”

La musica in Mesopotamia ed Egitto nel III millennio a.C.

Vengono presi in esame e confrontati due periodi pressoché coevi della storia mesopotamica e di quella egiziana, relativamente al III millennio a.C: il periodo Protodinastico sumerico (2900-2350 a.c. ca.) e l’'Antico Regno egiziano (2700-2190 a.C. ca.). Nello specifico viene analizzato il rapporto dei due paesi con forme d'arte quali la musica, la danza e il canto, nella vita quotidiana e in occasione di feste e banchetti. Dal confronto degli strumenti musicali, delle scene di musica, danza e banchetto, del significato attribuito al ruolo del musicista rispettivamente in Mesopotamia e in Egitto, si evidenziano analogie e differenze fra i due paesi relativamente all’importanza ludica e celebrativa riservata a tali espressioni artistiche.

ALESSIA VENANZI

Università di Roma “La Sapienza”

I sigilli aramaici iscritti. Iconografia e onomastica.

Gli Aramei si collocano nella piena età del Ferro in Mesopotamia Settentrionale e in Siria; si tratta di una popolazione nomade tribale successivamente organizzata in entità statali. Lo scopo della ricerca effettuata è la formazione di un corpus omogeneo dei sigilli aramaici iscritti finora pubblicati e l'individuazione dell'esistenza di un rapporto tra iscrizione e relativa iconografia. Gli esemplari analizzati, in maggioranza scaraboidi, si datano tra il IX-VIII e il III secolo a.C.; particolare interesse hanno destato un sigillo reale e un altro di appartenenza femminile. L'analisi è iniziata da un esame iconografico, distinguendo tra motivi principali, quali lo scarabeo alato, il disco solare alato, il leone e motivi secondari di accompagnamento. La fase successiva si è concentrata sulla composizione del nome; la maggior parte sono nomi teofori di divinità mesopotamiche e siriane (Hadad). E' emerso che non sembra esistere un rapporto univoco tra gli elementi nominali e le rispettive rappresentazioni tranne un'eccezione; i sigilli aramaici mostrano un'ampia gamma di elementi figurativi in comune con le culture dei popoli vicini. La cultura aramaica risulta non omogenea mostrando di aver assimilato gli apporti culturali dei popoli con cui è venuta in contatto.

IRENE VEZZANI

Università degli Studi di Firenze

La sfinge nella glittica anatolica pre-ittita fra reminescenze egiziane e tendenze artistiche locali.
Durante il mio dottorato di ricerca, che si è concentrato sull’adozione dell’iconografia egiziana della sfinge in Anatolia a partire dal primo quarto del II mill. a.C., ho potuto osservare lo sviluppo dello ‘stile internazionale’ che caratterizzerà la produzione artistica del Vicino Oriente nella Tarda Età del Bronzo. L’apprezzamento orientale della tradizione artistica egiziana, dal 1600 al 1200 a.C. circa, è ben documentato dai reperti archeologici ed è

ampiamente studiato, soprattutto in relazione alle corti siro-palestinesi. Tuttavia, la diffusione di beni di lusso e modelli artistici dall’Antico Egitto al Vicino Oriente può essere documentata anche per il periodo precedente, come dimostrano le sfingi egiziane del Medio Regno scoperte nel Levante o gli avori egittizzanti di Ebla. Nei secoli XIX e XVIII a.C. la regione anatolica è probabilmente periferica nella rete di scambi culturali fra Egitto e Levante, ma lo studio della glittica e degli oggetti in avorio dai siti pre-ittiti fa luce sulla diffusione di iconografie egittizzanti anche nelle corti anatoliche del periodo. Soprattutto la cittadella di Acemhöyük ha restituito impronte di sigillo e avori che denotano un gradimento particolare della figura della sfinge, che coniuga reminescenze egiziane e stilèmi locali, prefigurando le sculture architettoniche di epoca ittita.

SILVIA ZAGO

Università degli Studi di Pisa

Il mito nell’Antico Egitto nel caso dei Testi delle Piramidi: nuovi approcci e metodologie.
L'intervento sarà mirato alla presentazione delle tracce mitologiche rilevate all'interno dei Testi delle Piramidi dell’Antico Regno, partendo da una prospettiva critica sulla storia degli studi sul mito nell'antico Egitto. Scartando le posizioni estreme quali la totale assenza dei miti in questi testi o, al contrario, la loro sicura esistenza, il mio contributo originale alla questione si basa sulla convinzione che il mito in questo corpus testuale esista, sebbene non nella forma narrativa ideale che si è sempre voluta cercare. Attraverso la sottile maglia di allusioni che supportano l'efficacia magica delle loro formule, si cercherà di ricostruire brevemente le tradizioni mitiche celate nei testi, e di farne un quadro esaustivo a partire anche dalle versioni che di tali tradizioni sono state tramandate nelle epoche più tarde della storia faraonica, per arrivare a dimostrare come l'intero corpus possa in un certo senso essere ritenuto un enorme mito in sé.

FEDERICO ZAINA

Università di Bologna

Il sondaggio Y a Kish: cronologia, stratigrafia e architettura

Il sito archeologico di Tell Ingharra/Kish, situato nella Mesopotamia centrale, venne scavato tra il 1923 ed il 1933 da una missione angloamericana, guidata congiuntamente dall’Ashmolean Museum di Oxford e dal Field Museum di Chicago. L’indagine del sito rivelò una importante e complessa sequenza stratigrafica oltre ad un ricco orizzonte materiale databile tra la fine del IV millennio a.C. e l’epoca sassanide. La metodologia di scavo applicata e gli scopi della missione non permisero però di ricostruire adeguatamente i contesti di scavo e dunque la storia del sito. In questo studio viene proposta una nuova rilettura dell’abitato del III millennio a.C. a Tell Ingharra/Kish considerando l’area di scavo che ne rivelò la più estesa sequenza archeologica, denominata sondaggio Y. Oltre ai dati editi, nuove informazioni sono state apportate grazie allo studio della documentazione di scavo e di numerosi materiali inediti stratificati conservati presso l’Ashmolean Museum e il Pitt Rivers Museum di Oxford e il Field Museum di Chicago. Questa nuova analisi del sondaggio Y ha permesso di ricostruire nove fasi insediative caratterizzate da edifici di tipo domestico e pubblico con numerose tombe a fossa intra-murarie e di associarvi oltre cinquecento reperti di varie tipologie databili tra il periodo Jemdet Nasr e il Protodinastico IIIb.

MARTINA ZANON

Università Ca’ Foscari – Venezia

I colori nell’antica Mesopotamia. Un approccio archeologico.

A partire dallo studio del lessico relativo al colore in Sumerico e in Akkadico, e attraverso l’esame dei termini di colore all’interno della mitologia Mesopotamica, sono stati individuati i sei colori base dotati di una propria simbologia: bianco, nero, rosso, giallo, verde e blu, più un termine che indica il concetto di multicolore (cangiante). Lo studio archeologico si è basato sull’esame delle pietre semi-preziose dei reperti policromi presenti nei corredi funerari delle Tombe Reali della Necropoli di Ur (metà III millennio a.C.), e delle Tombe delle Regine di Nimrud (VIII-VII sec. a.C.). Un altro studio è stato effettuato analizzando le pitture parietali provenienti dal Palazzo Reale di Mari (fine III millennio a.C.), e dal Palazzo Reale di Til Barsip (prima

metà del I millennio a.C.). Aspetti importanti sono dati dall’introduzione del colore blu rispetto all’antica

tricromia di base presente nelle culture umane sin dalla Preistoria. Importante è la frequente giustapposizione dei colori blu e rosso, soprattutto nella gioielleria, concetto legato all’idea di regalità e di fertilità. Ma ancora più degna di nota è l’introduzione del concetto di multicolore sia all’interno della cultura materiale, sia nelle pitture parietali, che evidenzia l’importanza della luce e della brillantezza ascrivibile al mondo del divino.

VINCENZO ZOPPI

Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”

Nuove ricerche in Sudan. Riflessioni metodologiche sull'uso di nuove tecnologie in archeologia e per la salvaguardia del patrimonio culturale.
"L' Orientale" di Napoli ha svolto, nel novembre del 2010, una missione archeologica nel Sudan Orientale. Scopo della missione è stato quello di studiare in modo più approfondito il materiale immagazzinato a seguito di una precedente missione, per realizzare un rapporto finale sulla prima parte del progetto suddetto, oltre che migliorare la conoscenza delle relazioni tra il Sudan Orientale e l'Alta Nubia. Un ulteriore obiettivo è investigare i possibili rapporti tra il primo e la costa del Mar Rosso attraverso il deserto orientale. A questo si deve aggiungere anche la necessità di salvaguardare il patrimonio archeologico sudanese, minacciato dal recente progetto di costruzione di due dighe, che rientrano in un programma di lavori per la realizzazione di una serie di canalizzazioni per la messa a coltura di aree non ancora sfruttate tra l'Atbara e il Gash. Durante questa missione sono stati raccolti una serie di dati utili alla costruzione di un database, il cui obiettivo è quello di immagazzinare il maggior numero d’informazioni per realizzare un programma di salvataggio del patrimonio archeologico e culturale sudanese. Il lavoro svolto sarà il punto di partenza per una riflessione metodologica sull'uso delle nuove tecnologie applicate all'archeologia e sui possibili futuri sviluppi.

 


 

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